Ci sono situazioni dove l’età, all’inizio della carriera di venditore, ci ha messo in difficoltà?
Questo è il secondo approfondimento della rubrica del blog di Laboratorio Commerciale, dedicata a Società e Vendita. La domanda di fondo è: cosa facciamo quando ci sono delle caratteristiche personali legate alla nostra persona e la nostra identità, che si mettono in primo piano oscurando le caratteristiche professionali, e pre-determinano l’opinione che il cliente ha di noi senza nemmeno avere la possibilità di provare il nostro valore? Queste caratteristiche possono essere l’età, il sesso, il settore di provenienza, l’esperienza precedente… Dopo il primo articolo sullo scenario e su una panoramica di punti di forza e di debolezza, vediamo cosa ci dice chi lavora sul campo.
Se penso a me stessa e ai miei primi passi, la mia età mi intimoriva per il contesto, perché la vedevo come un distacco in termini di “argomenti in comune” per la creazione di empatia e relazione: nel mio programma di on-boarding, era stato un venditore di lungo corso e di grande esperienza a portarmi dai clienti per introdurmi, e all’inizio di ogni incontro chiacchierava con loro di aneddoti, di visioni del mercato, ma anche di hobby e interessi che avevano in comune (il golf, le auto…). Poi il mio sguardo passava dal cliente, 50-60enne uomo, a me, 26enne donna, e la mia domanda era: io di cosa ci parlo con lui? Del tempo? E già mi vedevo a passare nottate a vedere video di gare di golf per sostenere una conversazione…
Andrea ripensando ai suoi primi passi nella carriera commerciale mette l’accento sulla preparazione: “Quando sei giovane ci sono delle cose che stai imparando, come il saper essere e il saper fare, e su quelle anche se fai qualche errore, il cliente te lo perdona, ne esci con un sorriso o una battuta: ma non puoi farti cogliere in difetto sulla preparazione. Quello che manca in esperienza deve essere compensato dalla preparazione, non si può sbagliare su questo, dobbiamo avere la risposta a ogni domanda”.
Anche per Tania la sfida principale della giovane età era legata all’inesperienza: era convinta che il cliente, vedendola giovane, facesse il collegamento immediato “giovane = inesperta”, e la prendesse meno sul serio. “Affrontavo la cosa cercando di sembrare più grande, di mascherare l’età: usavo tailleur, tacchi, capelli raccolti, un abbigliamento che mi mettesse più anni addosso – ci racconta – a pensarci bene, io per prima mi sentivo insicura a causa della mia età soprattutto su un aspetto: la gestione delle obiezioni. Non avendo esperienza, non avevo nella biblioteca del mio cervello una casistica di risposte per le obiezioni, cui sapevo che avrei potuto rispondere solo in modo teorico e non con esempi pratici, che giocoforza avendo appena iniziato non possedevo, e questo mi faceva sentire più debole”.
Luca, oltre alla conoscenza del prodotto, imprescindibile anche secondo lui, sottolinea l’importanza della conoscenza dei propri limiti e del proprio raggio d’azione, che non sempre sono chiari quando si inizia: se un cliente ci chiede uno sconto? Se chiedono condizioni particolari, ad esempio su consegne o altri servizi…? “Serve delicatezza per capire chi ho davanti – evidenzia Luca – devo capire che cliente è, che margini di manovra ho, e spesso a fronte di domande simili il venditore alle prime armi va in confusione, perché non se lo aspettava, perché non sa fin dove può arrivare.” E’ importante quindi, nell’introdurre un venditore in squadra, chiarire con lui quali sono i suoi margini di manovra.
“La soluzione nel mio caso è stata il tempo – racconta Luca – mano a mano conosci il cliente, lo fidelizzi, si fida. Ecco, questo è un punto dove i giovani sono forti: hanno tanta energia, hanno “fame”, hanno voglia di fare bene, e quindi anche nel post-vendita e nella relazione mettono tanto impegno e tanta tenacia”.
Un altro aspetto evidenziato da Andrea, e che succede spesso, riguarda l’essere scavalcato o bypassato dal cliente che vuole rivolgersi a chi sta sopra (il capo, o il direttore commerciale). “Appena ho iniziato mi è capitato che il cliente dopo il primo incontro mi dicesse che per la firma però voleva un secondo incontro col mio capo”. E cos’ha fatto in quel caso? “Niente, sono andato col titolare! Per me era importante che quella richiesta non fosse dovuta a mancanza di informazioni da parte mia: dopo essermi sincerato che tutti gli aspetti tecnici fossero chiari, ho capito che la richiesta della presenza del mio capo era dovuta al bisogno di più sicurezza, ufficialità”.
A questo punto il tipo di atteggiamento del capo chiamato in causa, e il gioco di squadra, diventano fondamentali, e saranno fondamentali per il futuro della leadership del neo-venditore con il cliente. “La mia fortuna – ricorda Andrea – era che il mio titolare fosse molto in gamba, quindi lui veniva, svolgeva il suo ruolo di garante e “rassicuratore”, ma lasciava condurre a me: in questo modo, mi legittimava davanti al cliente, che capiva che quello con cui si doveva trattare ero comunque io”. Anche se, sottolinea ancora Andrea, dal lato del neo-venditore è fondamentale l’umiltà e il saper anche stare al proprio posto senza voler sgomitare: “lo scontro per puntiglio col cliente per legittimare una posizione non serve. Se lavoriamo bene, sarà poi quello a renderci l’interlocutore privilegiato ai suoi occhi”.
Ecco quindi che emergono dei temi sui quali una formazione precisa e mirata ai giovani venditori potrebbe essere utile:
- l’importanza della preparazione;
- la gestione delle obiezioni;
- la conversazione e la relazione in generale anche oltre al lato “business”;
- come trasmettere sicurezza;
- condivisione di margini di manovra su sconti, prezzi, condizioni;
- il gioco di squadra e la delega da parte dei colleghi senior e dei referenti
E voi, in azienda lo fate con i giovani venditori appena arrivati?