La rivendita oggi deve dimostrare di essere intraprendente e svolgere al meglio il proprio ruolo. Ma per portare avanti azioni di sviluppo adeguate è fondamentale conoscere a fondo i propri clienti.
La cosa che più mi fa riflettere è il fatto che per molti imprenditori non esiste un altro metodo di gestione commerciale al di fuori di quello con cui hanno lavorato per anni.
Questa loro resistenza è micidiale, ma soprattutto rischia di essere fatale per la sopravvivenza.
Come è possibile che se tutti condividiamo che la domanda sia cambiata in questi anni, non accettiamo il fatto che anche l’offerta debba cambiare, per adeguarsi all’evoluzione del cliente?
Purtroppo, o per fortuna per chi ce la fa, il cambiamento è faticoso e – come diceva Darwin – sopravvivrà solo chi saprà adattarsi più velocemente al cambiamento.
Sogni e realtà
È impensabile oggi lavorare ancora in attesa, non monitorare i clienti che entrano nel punto vendita, non usare il web, non fare azioni e attività di marketing, non organizzare eventi, non fare sensibilizzazione, non fare riunioni di condivisione strategica con i collaboratori, non fare formazione interna, non cercare in modo minuzioso gli elementi che possano distinguere rispetto alla concorrenza.
Certo impensabile, ma per molti, troppi, il sogno è ancora quello di alzare la serranda e attendere che il cliente entri con molto entusiasmo, senza preventivi della concorrenza, con tanti soldi in tasca e senza alcuna obiezione… Proprio un sogno! E forse è arrivato il momento di svegliarsi.
L’analisi dei clienti
Voglio mettere sul tavolo una riflessione primaria, quella legata all’analisi dei clienti. Nessun marketing manager è in grado di proporre o fare azioni di sviluppo delle vendite senza sapere chi sta comprando, cosa sta comprando, chi è entrato nel punto vendita senza comprare, perché è entrato ecc.
Abbiamo la fortuna di poter osservare e depositare un sacco di informazioni che il cliente porta con sé ogni volta che entra in un punto vendita, informazioni che – se analizzate coerentemente – ci permettono di capire l’identità percepita dal cliente: perché ci stanno scegliendo. Bene, avere queste informazioni cambia “leggermente” la vita.
Alla mia domanda “Perché qualcuno dovrebbe acquistare da te?” quasi tutti mi rispondono in modo uguale: “Perché sono storico”, “Perché siamo bravi a consigliare”, “Perché abbiamo ottimi marchi”, “Perché abbiamo un eccellente rapporto qualità-prezzo”. Tutte verità, forse, peccato che quando si analizza il perché il cliente sceglie quel punto vendita i motivi siano decisamente altri…
Gli approfondimenti da fare sono molti: anagrafici, comportamentali, geografici, “di prodotto”, di gusto, fascia di prezzo ecc… Tutte domande chiuse (quindi a crocette su risposte pre-impostate), senza bisogno di fare un questionario al cliente. Basta osservare e mettere nero su bianco le informazioni che sono emerse dalla semplice osservazione e dalla chiacchierata con il cliente.
La rivendita oggi deve dimostrare di essere intraprendente e fare al meglio il suo ruolo, ossia scegliere un‘identità strategica che la distingua dai competitor territoriali, scegliere dei partner/ fornitori che le permettano di essere coerente e infine attivarsi con diverse azioni e strumenti per trasportare un valore da monte a valle, senza disperderne troppo.
L’esempio di “More in Italy”
A questo proposito, è molto interessante un progetto realizzato a livello nazionale nel campo dell’edilizia denominato MII (More in Italy – www.moreinitaly.it) che ha come obiettivo proprio quello di andare a stimolare con argomenti interessanti un mercato confuso e impaurito che sta in osservazione.
Il progetto, che parte da alcuni brand di produzione importanti, è partito da una consapevolezza oggettiva: “Il mercato è fermo e se non si fa qualcosa di diverso non si riattiva… e rischiamo di morire”.
La prima fase è stata quella dell’analisi, ovvero si è tentato di capire com’è lo scenario del mercato in Italia, quali possono essere le possibilità di sviluppo, quali le minacce del sistema ecc…
Sono emersi alcuni dati interessati:
- In Italia l’80% delle famiglie ha una casa di proprietà,
- L’Italia è ai primi posti mondiali per rapporto ricchezza/debito privato delle famiglie,
- In Italia si stimano circa 4 milioni di case uni – bi – tri famigliari,
- Circa il 40% di queste sono state costruite in anni precedenti al 1985, quindi non performanti e adeguate al comfort abitativo e al risparmio energetico.
Dopo questa prima, quali potrebbero essere le opportunità da proporre ai proprietari di queste case, per convincerle a prendere parte dei soldi depositati in banca e investirli nella loro casa?
- Contributo dello Stato del 65%,
- Risparmio energetico di almeno un 20%,
- Importante rivalutazione della casa,
- Eccellente miglioramento della qualità abitativa.
Ciò fa emergere che se un cliente decide di investire 100.000 euro nella ristrutturazione della sua casa in tal senso, 65.000 euro glieli darà lo Stato e 20.000 euro li risparmierà dai costi di energia, ciò significa che questa operazione di ristrutturazione al cliente finale costerebbe 1.500 euro all’anno per 10 anni.
Credo sia evidente come questa argomentazione possa diventare interessante e convincente per il cliente finale, ma se non ci fosse stata un’analisi del mercato, un’analisi del cliente e delle sue caratteristiche, di certo non si sarebbe potuto disegnare un progetto strategico così efficace e qualitativo.
Clienti “generici”?
Concludendo, i grandi gruppi sono decenni che monitorano il consumatore (alcuni attraverso le fidelity card, altri al momento del pagamento in cassa, altri con osservatori personali, altri attraverso il web) e se continuano a farlo con questo livello di approfondimento significa che hanno enormi benefici.
Siamo tutti consapevoli di dover investire delle risorse per fare delle azioni di sviluppo commerciale, ma se non sappiamo chi sono i nostri clienti sarà molto difficile identificare l’azione corretta e adeguata. Se non siamo in grado di sapere chi sono i nostri clienti in modo preciso significa che avremo dei clienti generici, ai quali offriremo delle proposte generiche, verso i quali faremo delle azioni di sensibilizzazione generiche e dai quali non potremo che avere dei risultati generici e purtroppo instabili.