Donne e vendita: minacce e opportunità

30 Ottobre 2017

Donne e vendita: quali opportunità può cogliere una venditrice e da quali minacce deve guardarsi?

 

Intro: Questa nuova rubrica del blog di Laboratorio Commerciale è dedicata a Società e Vendita. La domanda di fondo è: cosa facciamo quando ci sono delle caratteristiche personali legate alla nostra persona e la nostra identità, che si mettono in primo piano oscurando le caratteristiche professionali, e pre-determinano l’opinione che il cliente ha di noi senza nemmeno avere la possibilità di provare il nostro valore? Queste caratteristiche possono essere l’età, il sesso, il settore di provenienza, l’esperienza precedente…  In questo primo percorso analizziamo la correlazione tra la dimensione di genere e il ruolo di venditore, per capire quanto e come essere donna influisce nei risultati e nelle performance di vendita. In questo articolo di oggi vediamo le opportunità da cogliere e le minacce a cui fare attenzione.

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Un detto popolare recita: quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento. In uno scenario in evoluzione come quello del mondo commerciale oggi, quali sono i muri da abbattere e quali i mulini su cui soffiare per le donne nel ruolo di venditrice?

Le prime e più evidenti opportunità a disposizione delle donne derivano proprio dai cambiamenti del mercato, in funzione di due fattori: da un lato, il sempre maggiore orientamento al cliente del marketing 4.0 e dei processi di vendita del contesto odierno; dall’altro, la crescita del potere di acquisto femminile anche in settori tradizionalmente maschili.

La vendita oggi non è più centrata su quello che vende l’azienda, ma si impernia su ciò che compra il cliente: è fondamentale quindi essere vicini al cliente, ascoltarlo, capirlo, conoscerne i bisogni, anticiparne le necessità. Il marketing umanistico, per dirla con le parole dello stesso Philip Kotler, si basa sull’assunto che “la fiducia è maggiormente presente nelle relazioni orizzontali che in quelle verticali”. In questa prospettiva la vendita deve evolversi da un’attività di conquista a un’attività di accompagnamento, in cui il venditore diventa sempre più consulente e partner del cliente. Ecco quindi che le doti femminili che ne rappresentano i punti di forza nella vendita (puoi leggere tutto l’articolo qui) aprono importanti opportunità: essendo naturalmente portate all’ascolto e più caratterizzate da empatia e capacità di entrare in sintonia, le donne di solito assumono una posizione a fianco del cliente e non alla guida, di vicinanza e non di dominanza, e questo risponde bene ad un mercato sempre più bisognoso di cura e comprensione, in cui ci relaziona con i clienti in quanti esseri umani completi con una mente, un cuore e uno spirito. (leggi di più “Woman sale and Communication”)

Inoltre, avere un approccio differente risponde anche alla richiesta di innovazione in un campo come la vendita che spesso fatica ad evolversi e segue meccanismi e dinamiche di settore vecchi e legati al “si è sempre fatto così”, logica che non può funzionare soprattutto considerando che il cliente cambia, e spesso – e questo ci porta dritti al secondo aspetto della nostra analisi delle opportunità –  è donna, anche in settori tradizionalmente maschili.

Arriviamo quindi al secondo punto: l’aumento del potere d’acquisto delle donne, continuo negli anni, di pari passo con l’emancipazione e con l’incremento percentuale delle lavoratrici e l’evoluzione delle strutture sociali e famigliari. Se pensiamo che negli anni Settanta era difficile per una donna sposata avere una carta di credito a suo nome, il cambiamento è davvero significativo.

Secondo una recente ricerca di Forbes i fattori principali alla base di questo sono cinque: istruzione (il 60% dei titoli di master è ottenuto da donne, così come il 57% delle lauree); partecipazione alla forza lavoro (70% delle donne con figli lavora: sono quindi “doppiamente” consumatrici, dentro e fuori casa); autosufficienza (sempre più donne sono la fonte unica o primaria di sostentamento del nucleo famigliare); posizioni manageriali (in crescita il numero di posizioni manageriali detenuto da donne); ricchezza (le donne controllano il 51% della ricchezza).

Le donne controllano l’acquisto del 92% delle vacanze, il 65% delle auto, il 93% degli alimentari, il 61% dei PC, e il potere di acquisto delle donne cresce anche in settori tradizionalmente maschili: le donne acquistano oltre il 50% dei prodotti tradizionalmente “maschili”, inclusi automobili, oggetti per lavori fai da te e bricolage, elettronica (Andrea Learned, Lisa Johnson – “Don’t Think Pink”).

Non solo: la maggior parte delle recensioni di acquisto sui social network è fatta da donne – altro aspetto che va a influenzare poi la decisione di acquisto. (Tutte le statistiche qui)

Le donne rappresentano la più ampia opportunità di mercato nel mondo, il potere d’acquisto del consumatore donna super il PIL di India e Cina sommati, stanno diventando “creatrici di benessere”, ed è atteso che nel 2028 controllino il 75% di tutti gli acquisti legati alla casa (Forbes 2013). L’osservatorio Catalyst.Org (www.catalyst.org) stima che in media il 67% dei consumi domestici del Regno Unito sia controllato o influenzato dalle donne.

Questo rappresenta una grandissima opportunità: per parlare a questo nuovo e promettente pubblico, chi meglio di venditrici donne, con gli stessi mindset e logiche delle acquirenti, in grado di dialogare con loro in posizione di addetta vendite, o – in posizione di direttrice commerciale – di guidare e orientare anche una forza vendita maschile con nuovi spunti?

Passiamo al lato delle minacce: cosa può rappresentare un freno o un ostacolo alla carriera di venditrice?

Al primo posto ci sono alcune caratteristiche intrinseche della professione. Secondo una ricerca del Guardian, Closing the Gender Gap in Sales, condotta su un campione di più di 2.000 donne, evidenzia come i seguenti aspetti siano quelli per cui una donna viene scoraggiata dall’intraprendere una carriera nelle vendite:

  • orari non propriamente standard, che mal si conciliano con la gestione della famiglia, ancora molto spesso prevalentemente – o, ahimè, interamente – sulle spalle della donna;
  • pressione: le donne definiscono il lavoro di vendita molto stressante e con una costante pressione su di sé troppo elevata. Inoltre, alle donne non piace mettere pressione: il 77% delle intervistate ha dichiarato di non sentirsi abbastanza “pressante” (pushy) per lavorare nelle vendite con buoni risultati
  • necessità di trasferte frequenti, limitanti nel caso di donne che hanno figli (Leggi di più qui)

Un altro aspetto che allontana e crea barriera è il linguaggio, a partire da quello usato negli annunci di lavoro: le parole usate scoraggiano le donne a candidarsi, perchè fanno associare il ruolo a caratteristiche maschili (leggi di più “Women consumer andpower” )

Alcuni se ne stanno accorgendo, citiamo ad esempio l’iniziativa del Governo Australiano #WordsthatWork, rivolta ad evidenziare l’impatto delle “business words” negli annunci di lavoro.

Connesso a questo, un’altra minaccia viene dalla formazione: la vendita è sentita come troppo “old school”, e la stragrande maggioranza dei corsi di vendita parla al maschile, con metafore, esempi, roleplay che parlano di guerra, conquista, trincee, che citano sport maschili, che rimandano a concetti di sopraffazione, elementi difficilmente personalizzabili per una donna.

Un punto ambivalente – minaccia o opportunità? – è quello legato alla spiccata caratterizzazione di genere di alcuni settori. Di primo acchito potrebbe essere letta come una minaccia: certi settori sono “da uomini”, e questo crea una barriera all’ingresso di venditrici donne al loro interno.

Ma consideriamo quanto visto sopra sulla crescita del potere d’acquisto delle donne, e combiniamolo alla lenta ma progressiva crescita di figure femminili in ambiti tradizionalmente appannaggio maschile.

Nel 2015, il 14,4% dei tappezzieri o dei restauratori di mobili era donna, così come il 9,4% dei calzolai, il 2% dei falegnami e il 3% degli idraulici, e questi dati sono in crescita.

Certo, ci vorrà del tempo per abbattere le resistenze: quando una donna svolge una professione tradizionalmente definita “da uomo”, il sessismo riemerge come per ridimensionare l’ordine violato (cosa che si registra solo come fastidio o diffidenza iniziale quando è l’uomo a fare un lavoro tipicamente femminile). Ma il processo di cambiamento è in atto (leggi di più qui www.wired.it).

A fronte di ciò, in questi settori la maggior parte dei venditori continuano ad essere uomini, abituati a vendere a uomini, e non preparati a vendere a una donna: per cui si verificano spesso situazioni in cui una donna che acquista in un settore tradizionalmente maschile viene trattata dal venditore con sufficienza o con condiscendenza, sulla base del retro-pensiero: “non ti spiego le caratteristiche tecniche perché tanto non le capisci o non ti interessano”, oppure come una sorta di “animale strano” se invece è competente e capisce di motori, bulloni e affini. (Womenonomics in azienda, Avivah Wittenberg-Cox).

In questa prospettiva, ecco che si apre la grande opportunità di uno spazio “da riempire”, di nuovi ruoli da creare per integrare lo scenario attuale e traghettare anche aziende tradizionalmente “maschili” verso una clientela femminile e un approccio di mercato nuovo: quando anche gli ambiti tipicamente maschili capiranno che le donne a contatto con il cliente e in ruolo di vendita potranno portare valore aggiunto, e daranno loro delle chance anziché relegarle a mansioni “più femminili” (customer care, assistenza, amministrazione), e quando le donne stesse capiranno di potercela fare anche in quei settori, ci saranno certamente grandi passi avanti per entrambi.

Un esempio di successo di come trasformare questa minaccia in un’opportunità viene dal settore automotive negli USA.

Negli USA ci sono 105 milioni di donne patentate, contro 104 milioni di uomini; le donne influenzano l’80% degli acquisti di auto, comprano il 65% delle nuove gomme, acquistano il 45% di SUV e piccoli camioncini. Eppure, solo il 17% degli impiegati del settore sono donne. Non è quindi una sorpresa che il 75% delle donne intervistate dichiari che non si sente compresa dai venditori di auto, e solo il 38% dichiara di avere fiducia nel mondo dei concessionari (studio di Kelly Blue Book). La risposta? Una conferenza di tre giorni, Women in Automotive Conference, sul tema: per capire come le donne possono fare di più nel settore. Una a luglio 2017, una prevista per dicembre 2017 a Palm Springs e un’altra per l’estate 2018 a Orlando (Visita www.womeninautomotive.com).

 

A quando anche gli altri settori? E a quando una cosa del genere nel nostro Paese?

Aspettiamo fiduciose, ma non solo: nel frattempo, ci lavoriamo.

Se volete dire la vostra, oltre a segnalarci e raccontarci le vostre esperienze nei commenti, potete registrarvi per il nostro esclusivo focus group che si terrà a inizio 2018 sul tema: sarà un’occasione unica per lavorare insieme, confrontarci e trovare spunti e idee. Vi aspettiamo!

Per info inviaci una mail a [email protected]

 

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