Donne e vendita: opinioni dal campo e scenari possibili
Intro: Questa nuova rubrica del blog di Laboratorio Commerciale è dedicata a Società e Vendita. La domanda di fondo è: cosa facciamo quando ci sono delle caratteristiche personali legate alla nostra persona e la nostra identità, che si mettono in primo piano oscurando le caratteristiche professionali, e pre-determinano l’opinione che il cliente ha di noi senza nemmeno avere la possibilità di provare il nostro valore? Queste caratteristiche possono essere l’età, il sesso, il settore di provenienza, l’esperienza precedente… In questo primo percorso analizziamo la correlazione tra la dimensione di genere e il ruolo di venditore, per capire quanto e come essere donna influisce nei risultati e nelle performance di vendita.
L’articolo di oggi chiude il percorso prendendo in esame alcuni punti di vista di professionisti che lavorano in ambito sales, e ipotizzando alcuni scenari.
Nei precedenti articoli abbiamo visto quali siano punti di forza e debolezza di una venditrice, e dove si trovano opportunità e minacce (leggi di più qui).
Se diamo uno sguardo allo scenario, dal punto di vista numerico relativamente, la strada da percorrere è ancora lunga: una ricerca di Linkedin dimostra come oggi le donne rappresentino il 41% della forza lavoro passando negli ultimi 10 anni dal 37% al 41%; in ambito sales, siamo passati dal 36% al 39%, a fronte di una rappresentanza del 74% in ruoli amministrativi o del 66% in ambito educativo. Divisa per industry, quelli con più donne sono l’healthcare e il farmaceutico (48% ) e quello con meno quello tecnologico-hardware (25%).
In media, le donne in posizioni dirigenziali sono il 30%, e parlando di ruoli di direzione commerciale, scendiamo al 27%.
Vedi di più qui.
Ma al di là dei dati, e delle ricerche (che su questo tema sono tutte di origine estera, spesso oltreoceano) cosa accade nel mercato? Abbiamo iniziato a raccogliere pareri con delle interviste. Vi anticipiamo alcuni dei primi risultati, ma nei prossimi mesi continueremo: organizzeremo dei focus group (se vuoi iscriverti puoi farlo inviando una email a [email protected]) e sulla nostra newsletter pubblicheremo i risultati (per riceverla registrati qui).
Abbiamo parlato con alcune venditrici chiedendo di raccontarci il loro punto di vista su questi temi, ma anche con direttori commerciali uomini, per capire la loro prospettiva sulle donne presenti nelle loro squadre.
Una prima parte di domande si concentrava sull’approccio alla vendita: quando vendi, ti senti prima professionista o prima donna? E come ti senti percepita? Da parte delle donne intervistate, abbiamo registrato una maggioranza di “professionista”, senza accento sulla dimensione di genere, tranne un caso di “professionista-donna” declinato in modo congiunto, dettagliato con “mi sento una professionista che non cerca di mascolinizzarsi per acquisire credibilità”.
Per quanto riguarda la percezione da parte del cliente, risposta unanime: professionista, anche se in alcuni casi, soprattutto per particolari aree, viene evidenziata la necessità di fare “uno sforzo in più” rispetto ad un collega uomo per essere percepite credibili.
Abbiamo poi indagato punti di forza e di debolezza, dove c’è una marcia in più e dove invece vanno fatti degli sforzi per migliorare.
Di fronte alla domanda: “cosa del tuo essere donna fa la differenza nel processo di vendita aumentando l’efficacia?” abbiamo ottenuto risposte in linea con quanto emerso dalle ricerche citate:
- Ascolto, attenzione, intesa anche come curiosità di conoscere esigenze del cliente
- Empatia, approccio friendly ma professionale che permettere di costruire anche dei rapporti di fiducia e confidenza, capacità di personalizzare;
- Capacità di vedere e percepire tutto quello che gravita intorno alla trattativa e “sentire” a livello di sensazione anche rispetto al contesto;
- Attenzione ai dettagli;
- Capacità di gestire imprevisti ed essere multitasking;
Rispetto a cosa crea limiti e depotenzia l’efficacia, sono emersi:
- incapacità di “fregarsene” e non riuscire a prendere le cose meno sul personale;
- l’aspetto unito all’età, come racconta una delle intervistate: “Mi è capitato di non essere presa seriamente di primo acchito, perché donna e perché dimostro molti meno anni di quanti ne abbia, quindi i clienti hanno provato ad esprimere disappunto nel vedere una giovane donna apparentemente inesperta”.
Questi elementi si rispecchiano nel racconto di casi e situazioni in cui l’essere donna abbia agevolato o al contrario ostacolato la trattativa: in positivo, i casi sono legati alla creazione di relazione ed empatia; in negativo, emergono casistiche legate a pregiudizi e all’abitudine da parte del cliente ad avere a che fare con venditori uomini.
Un secondo gruppo di domande era relativo alla relazione con il cliente, investigando alcuni aspetti:
- Avances da parte del cliente: in generale, quasi tutte le intervistate riportano situazioni dove il cliente “è andato oltre”, in modo più o meno velato. Nella maggior parte dei casi, questo non ha portato all’interruzione del rapporto commerciale, è stato sufficiente riportare a un contesto professionale per proseguire. In due casi, ha invece portato a conclusioni più estreme: in uno a un cambio di interlocutore; in un altro (libera professionista per una trattativa su una consulenza) all’abbandono del progetto.
- Aspetto: tutte concordi: non mortificare la propria femminilità con abiti maschili o tailleur tatcheriani, ma nemmeno abusarne con abiti non idonei al contesto.
- Relazione con una cliente donna: è stato citato sia in positivo che in negativo, in relazione all’atteggiamento della cliente: se collaborativo, altamente abilitante come fattore di dialogo e sintonia; se competitivo, assolutamente dannoso per la trattativa.
Infine, venendo al contesto e alla logistica, si confermano i dati emersi dalle ricerche e articoli citati in precedenza:
- gli aspetti pratici del lavoro di venditrice (trasferte, orari, pesi – nel caso di campionari voluminosi – rischi, …) spesso risultano più pesanti che per un collega uomo, per questioni legate a gestione familiare, sicurezza, tempo per sé, anche se da più parti è emerso che questo è più legato alle priorità personali in modo indipendente dal genere. E’ stato anche evidenziato che questi aspetti possono variare per tempi della vita (ad esempio, diventa critico con figli piccoli, si attenua con il loro crescere).
- Rispetto ai settori, viene confermata la difficoltà maggiore in settori maschili, sia in entrata (essere assunte in aziende in settori maschili) sia nella gestione del cliente, soprattutto però in fase iniziale, quindi vista come una diffidenza che poi con la conoscenza si supera.
- Infine, circa il linguaggio, si delineano due filoni: quello della formazione, spesso ancora troppo maschile, agonistico e “guerrafondaio” nelle metafore ed esempi; e quello del luogo di lavoro, spesso troppo “da caserma” vista la prevalenza maschile nei team di vendita, anche in sedi informali quali cene di lavoro e simili.
Guardando invece al punto di vista di direttori commerciali uomini, circa le venditrici nella loro squadra, sono emersi alcuni aspetti interessanti:
- Per quando riguarda l’approccio, è difficile scindere tra la donna e la professionista, e quasi nessuno lo fa;
- I valori distintivi sono quelli auto-rilevati dalle donne, soprattutto empatia e predisposizione al caring, ma non solo: viene evidenziata grande precisione, attenzione ai dettagli, determinazione e capacità di apprendimento, anche accettando processi e percorsi di crescita più lenti; capacità di gestione degli imprevisti;
- Come limite, riemerge l’aspetto legato alla pressione: da questo osservatorio viene rilevato come una donna si senta meno a suo agio in ruoli percepiti come forieri di pressioni, quali la vendita porta a porta, o l’agente, dove spesso (tradizionalmente) si deve insistere per farsi ricevere, premere per chiudere, …; inoltre, le donne sono meno competitive degli uomini, e questo piò essere letto come mancanza di determinazione o motivazione, danneggiando la venditrice in primis, la sua crescita in azienda, la trattativa stessa.
- Gli intervistati affermano di volere donne in squadra, consapevoli del valore portato dalla diversità, ma sottolineano anche che spesso – soprattutto in settori maschili – sia difficile trovarne, soprattutto in ruoli quali agente di commercio o altri ruoli più “liberi”.
- Per quanto riguarda il contesto, viene evidenziato che spesso sono i clienti ad essere impreparati ad avere a che fare con donne “a loro agio” in settori tradizionalmente maschil.
C’è quindi spazio di manovra, ma non solo spazio: di questa manovra si sente anche l’esigenza.
In queste prime interviste, è emerso chiaramente il bisogno di fare qualcosa, di dedicare attenzioni specifiche per far sì che ogni donna in questo ruolo dia il meglio di sé imparando ad usare al meglio le sue caratteristiche e non seguendo modelli maschili.
Come? Di sicuro non con “concessioni” ma con azioni mirate.
Il Forum “Cultura d’impresa sulla leadership femminile” del Sole 24 Ore, un convegno di una giornata intera a Milano (ma seguito anche online), con hashtag specifico #spazioalledonne, ha espresso in modo chiaro questo concetto: “Basta parlare di pari opportunità, da parte delle donne che lavorano: con le gentili concessioni maschili non si va da nessuna parte. Bisogna dimostrare che alle imprese e alla società conviene valorizzare le donne, sotto il profilo economico, innanzitutto. Questo perché rappresentano i migliori talenti della società nonché la più ampia platea di acquirenti di beni” (Stefano Zamagni, docente di Economia politica all’Università di Bologna, durante il convegno; per sapere di più: Il sole 24 ore)
In secondo luogo, integrando: si rischia di cadere sempre in una guerra dei sessi, in una competizione in stile “sono più forti le donne o gli uomini”, ma anche questo è sbagliato: bisognerebbe capire le rispettive abilità e inclinazioni, e integrarli per creare delle squadre complete e in grado di inserire la risorsa giusta al momento giusto, a seconda del contesto, della fase della trattativa, del cliente che abbiamo davanti.
E’ stato creato in America un contest, Women in Sales Awards (diffuso anche in altri paesi) con l’obiettivo di far emergere i talenti femminili e valorizzarli in ottica di integrazione nel team, e di maggior contributo che possano portare all’azienda qualora libere di esprimersi al meglio e al pieno del loro potenziale: “La vendita è la linfa vitale di ogni azienda – si legge – Tuttavia, è ancora profondamente dominata da una visione maschile. Il Women in Sales Awards è stato creato per portare consapevolezza del bisogno della diversità di genere nella vendita e nei gruppi di management, anche per incrementare la crescita di talenti”.
Non appiattire quindi, ma prendere coscienza della diversità e utilizzarla come leva per avere ancora più successo. (Leggi di più qui).
Integrare team di vendita maschili e femminili, e farli lavorare insieme in modo mirato motivandoli con le giuste leve porta maggiore fatturato e maggiore profitto, lo dicono anche i numeri: uno studio della Gallup (società americana specializzata nella ricerca socio-demografica mondiale) dove sono state analizzate delle business unit di aziende nel retail e nell’hospitality ha dimostrato che le realtà con differenze di genere elevate nei team avevano:
– maggiore fatturato (+ 14%)
– maggiore profitto netto per trimestre (+19%)
– fatturato più alto del 46% (retail) e 58% (hospitality) quando la diversità di genere è combinata con aggregazione di team ed engagement dei dipendenti
(Leggi di più )
Come fare per raggiungere questi risultati?
Certamente la formazione mirata per far emergere i potenziali di ciascuno al loro massimo, e per imparare a lavorare davvero in squadra alternandosi in modo sinergico, può essere una chiave: da parte nostra, proveremo a cogliere questa sfida… seguiteci per saperne di più!
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